Io curo le mani, ma loro curano me

Ecco a voi un piccolo viaggio nella mia mente, ogni volta che vengo da voi ragazze, adoro raccontarvi cosi, e mi piace farvi capire quanto voi siete importanti per me

11/11/202512 min read

Suono il citofono e aspetto.

In quei pochi secondi prima che la porta si apra, faccio sempre lo stesso respiro profondo.

Non è nervosismo, è qualcosa di diverso.

È come prepararsi ad entrare in uno spazio intimo, in un momento che sarà solo nostro.

Perché quando varco quella soglia con la mia valigetta, non porto solo smalti, lime e lampada UV.

Porto anche me stessa.

E ogni volta, senza saperlo, torno a casa un po' diversa da come ero partita.

Paola mi accoglie con il sorriso un po' stanco di chi ha appena finito di studiare e fare la mamma a tempo pieno.

"Finalmente!", dice mentre mi fa strada verso il tavolo del soggiorno.

"Questo momento è l'unico in cui mi fermo davvero."

E io annuisco, perché lo so.

Lo so che per molte delle mie clienti quelle due ore insieme non sono "solo" una questione di unghie.

Sono una pausa.

Un respiro.

Un momento in cui qualcuno si prende cura di loro, mentre il mondo fuori continua a girare frenetico.

Ma quello che forse non sanno e che io ho capito solo col tempo è che quel momento cura anche me.

Le mani: uno specchio dell'anima (e della settimana)

Quando prendo tra le mie mani quelle di una cliente, vedo molto più di dieci dita.

Vedo una settimana intera.

Vedo l'ansia nel modo in cui si è mordicchiata le cuticole.

Vedo la stanchezza in quelle mani che hanno cucinato, pulito, lavorato, accudito.

Vedo la gioia in quel residuo di smalto glitterato che non è voluta togliere subito perché "mi faceva sorridere ogni volta che lo guardavo".

Ogni mano racconta una storia, e io sono diventata un po' una detective delle vite altrui.

C'è chi arriva con le unghie perfettamente curate quelle clienti precise che non salterebbero mai un appuntamento nemmeno sotto minaccia e chi invece si presenta con le mani di chi ha attraversato un mese di tempesta.

"Scusa, non ho avuto tempo", dicono sempre, come se dovessero giustificarsi.

Ma io sorrido e dico la verità: "Adesso ci penso io."

Perché è questo che faccio, in fondo.

Non dipingo solo unghie.

Riparo piccole crepe.

Ricostruisco ciò che si è rotto.

A volte, basta un rosso acceso per rimettere insieme i pezzi di una giornata storta.

O un nude elegante per ritrovare quella calma che sembrava persa per sempre.

Le mie clienti lo sanno: quando escono da una seduta, non hanno solo le unghie nuove.

Hanno anche un po' di leggerezza in più nel petto.

E questa lo ammetto è la parte più bella del mio lavoro.

Quella che nessun corso di formazione ti insegna, ma che impari sul campo, un sorriso alla volta.

Quando sono loro a prendersi cura di me

C'è voluto tempo prima che lo ammettessi a me stessa: io curo le mani, sì, ma loro curano me.

Non in modo evidente, non con grandi gesti.

Ma con quella magia sottile che si crea quando due persone condividono uno spazio, un tempo, un silenzio confortevole o una risata improvvisa.

Ricordo una giornata particolarmente pesante.

Avevo appena chiuso una settimana massacrante, piena di appuntamenti, imprevisti, e quella vocina nella testa che mi ripeteva "non ce la farai mai".

Arrivo da Fabiana, una delle mie clienti, con il sorriso un po' finto di chi sta tenendo insieme i pezzi con lo scotch.

Lei mi guarda, mi fa sedere, e prima ancora che io apra la valigetta mi dice: "Caffè o Acqua? E non fare complimenti."

Ci siamo sedute.

Abbiamo chiacchierato.

Lei mi ha raccontato di quando diventare una mamma la stava distruggendo, di quando era faticoso, di quando ha avuto paura di non farcela, di come poi tutto si è sistemato.

Non mi ha dato consigli non richiesti, non mi ha riempita di frasi fatte.

Mi ha solo raccontato la sua storia, e in quel racconto ho trovato conforto.

Quando ho iniziato a lavorare sulle sue mani, sentivo che qualcosa dentro di me si era ammorbidito.

Non ero più sola con i miei pensieri.

C'era qualcuno che capiva.

Ecco, questo è quello che intendo quando dico che loro curano me.

Non lo fanno apposta.

Non sanno di farlo.

Ma nel momento in cui mi aprono la porta, mi offrono un caffè, mi raccontano della loro giornata o mi fanno ridere con un aneddoto assurdo sul capo ufficio, mi stanno già curando.

Mi stanno ricordando che non sono una macchina che sforna manicure.

Sono una persona.

E anche io ho bisogno di essere vista.

L'arte di creare rifugi (anche per se stesse)

Lavoro a domicilio, e questo cambia tutto.

Entro nelle case delle persone, nei loro spazi privati, nelle loro routine.

Vedo i bambini che corrono in pigiama, i gatti che cercano di rubare i cotton fioc, i mariti che spiano incuriositi dalla porta chiedendo "ma quanto ci vuole?".

Vedo la vita vera, quella non filtrata, non preparata per Instagram.

E in mezzo a questa vita vera, io cerco di creare un piccolo rifugio.

Appoggio la mia lampada, sistemo gli smalti in fila (che poi, diciamolo, questa è la parte che mi dà più soddisfazione di tutte), metto una musica soft se la cliente lo gradisce, e per due ore quel tavolo diventa il nostro piccolo centro benessere casalingo.

C'è qualcosa di profondamente terapeutico in questo rituale.

Per me, che vengo da una giornata di corse e pensieri, è un momento di focus assoluto.

Le mani sotto la mia lampada diventano l'unica cosa che conta.

Tutto il resto si sfuma.

I problemi, le preoccupazioni, la lista infinita di cose da fare.

Sparisce tutto.

Rimane solo il gesto.

La precisione.

Il desiderio di fare bene, di rendere quelle mani un po' più belle, un po' più curate.

E mentre io mi concentro sulle sue unghie, lei mi racconta.

Di tutto.

Del lavoro che la stressa, del figlio adolescente che non parla più, della madre anziana da accudire, del viaggio che sogna da anni ma "non è mai il momento giusto".

E io ascolto.

Non perché devo, ma perché voglio.

Perché in quelle storie ritrovo pezzi di me, di noi tutte.

Perché mi ricordano che non siamo sole nelle nostre fatiche.

A volte mi chiedo: chi sta curando chi? Io lima, ricostruisco, dipingo.

Lei parla, ride, si lascia andare.

E alla fine usciamo entrambe un po' più leggere.

Un po' più intere.

Piccole terapie mascherate da smalto

Ci sono clienti che sono diventate amiche.

Non nel senso classico del termine non usciamo a cena o ci vediamo fuori dal nostro appuntamento ma nel senso che tra noi si è creato un legame profondo, fatto di fiducia e reciprocità.

C'è Claudia, che ogni volta cambia idea sullo smalto almeno sette volte.

"Pensavo il rosa, ma forse il rosso... no aspetta, facciamo un nude... ma è troppo anonimo, torniamo al rosa."

E io rido, perché ormai la conosco.

So che quel cambiare idea non è indecisione, è il modo in cui lei processa le emozioni della settimana.

Quando finalmente sceglie, è sempre il colore giusto.

Quello che in quel momento le serve davvero.

C'è Fabiana, che non parla quasi mai.

Ci sediamo, iniziamo, e lei resta in silenzio.

All'inizio mi preoccupava.

Pensavo di annoiarla, di non essere abbastanza.

Poi ho capito: per lei quel silenzio è oro.

È l'unico momento della settimana in cui non deve parlare, non deve spiegare, non deve essere "on".

Può solo essere.

E io rispetto quel silenzio come fosse sacro.

C'è Paola, che invece parla per due.

Arrivo, mi siedo, e parte con la mitragliatrice di parole.

Mi racconta di tutto, spesso cose divertenti, a volte drammi shakespeariani travestiti da quotidianità.

E anche se a volte fatico a seguirla, adoro la sua energia.

Mi ricarica.

Mi ricorda che la vita è anche caos, rumori, risate esagerate.

Ognuna di loro, a modo suo, mi ha insegnato qualcosa.

Claudia mi ha insegnato che va bene cambiare idea, che non dobbiamo sempre sapere esattamente cosa vogliamo.

Fabiana mi ha insegnato il valore del silenzio, della presenza senza parole.

Paola mi ha insegnato a non prendermi troppo sul serio, a ridere anche quando tutto sembra complicato.

E io? Io ho solo limato le loro unghie.

O almeno, è quello che pensano loro.

Quando la vita è "un po' sbeccata"

Non sempre va tutto bene.

Non sempre ho la forza, la pazienza, la voglia.

Ci sono giorni in cui vorrei mandare tutto all'aria, cancellare gli appuntamenti, restare a letto.

Giorni in cui guardo le mie mani quelle che curano le mani degli altri e le vedo stanche, secche, un po' trascurate.

In quei giorni, salire in macchina e andare dalle mie clienti sembra una montagna insormontabile.

Ma poi arrivo.

Suono quel citofono.

Faccio quel respiro.

Entro.

E succede qualcosa di strano.

Mentre lavoro, mentre ascolto, mentre rido di una battuta stupida o mi commuovo per una storia toccante, io mi ritrovo.

Non perché dimentico i miei problemi quelli rimangono lì, pazienti, ad aspettarmi ma perché ricordo che la vita è anche questo: connessione.

Cura reciproca.

La bellezza di un gesto semplice che diventa importante.

C'è una cliente che mi disse una volta: "Tu non sai quanto bene mi fai. Quando arrivi, so che per due ore posso dimenticare tutto il resto."

E io pensai: "Tu non sai quanto bene fai a me. Quando lavoro con te, anch'io dimentico tutto il resto."

Perché è vero: a volte basta poco.

Un sorriso sincero.

Una chiacchierata leggera.

Il gesto di prendersi cura di qualcuno o di lasciarsi curare.

E improvvisamente la vita, che sembrava un'unghia sbeccata senza speranza, diventa un'unghia che si può ricostruire.

Con pazienza.

Con delicatezza.

Strato dopo strato.

Il super potere nascosto dell'onicotecnica

Noi onicotecniche abbiamo un superpotere che poche professioni possono vantare: tocchiamo le persone.

Fisicamente, intendo.

In un mondo dove tutti corrono, dove i contatti umani sono sempre più mediati da schermi, noi abbiamo il privilegio di tenere tra le mani le mani di qualcun altro.

E non è un gesto scontato.

C'è qualcosa di profondamente intimo nel toccare le mani di una persona.

Le mani dicono tutto: l'età, il lavoro, la cura (o la mancanza di cura) che quella persona dedica a se stessa.

Le mani tremano quando c'è ansia.

Si rilassano quando c'è fiducia.

Si aprono quando c'è voglia di raccontarsi.

E io, nel mio piccolo, divento custode di quelle mani.

Anche solo per un'ora, per due ore.

In quel tempo, mi prendo cura non solo dell'estetica, ma anche dell'anima di chi ho davanti.

Perché sì, lo so che può sembrare esagerato dire che curare le unghie ha a che fare con l'anima.

Ma chi lavora con le persone lo sa: ogni gesto di cura è un gesto d'amore.

Anche solo passare una lima.

Anche solo stendere uno smalto.

Le mie clienti non vengono da me solo perché hanno bisogno di unghie perfette per un'occasione speciale (anche se sì, ci sono quelle che prenotano due mesi prima per il matrimonio e poi cambiano idea sul colore il giorno prima – vi vedo, eh).

Vengono perché hanno bisogno di quel momento.

Di sentirsi al centro dell'attenzione.

Di essere ascoltate.

Di essere toccate con delicatezza, con cura, con rispetto.

E io?

Io ho bisogno di dare loro tutto questo.

Perché nel dare, ricevo.

Nel curare, vengo curata.

Le piccole cose che salvano le giornate

C'è una cliente, Anna, che ogni volta mi prepara un vassoio con biscotti fatti in casa.

"Li ho fatti stamattina", dice sempre, come se fosse la cosa più normale del mondo.

Ma per me non lo è.

Per me è un gesto enorme.

È il suo modo di dirmi: "Sei importante.

Ti vedo."

E io, che magari sono partita di casa senza fare colazione perché ero in ritardo, mi ritrovo a sgranocchiare quei biscotti mentre lavoro, e sento il cuore un po' più pieno.

C'è un'altra cliente, Sofia, che alla fine di ogni seduta mi fa vedere il suo orticello fatto in casa.

"Guarda, le zucchine quest'anno sono venute benissimo!" E io guardo, commento, faccio domande.

Non perché devo, ma perché mi interessa davvero.

Perché in quelle zucchine c'è tutto il suo orgoglio, tutta la sua fatica, tutta la sua gioia.

E se a lei fanno bene, fanno bene anche a me.

Sono questi i momenti che salvano le giornate.

Non i grandi gesti, ma le piccole attenzioni.

Il caffè offerto con sincerità.

La battuta che fa ridere entrambe.

Il complimento inaspettato ("Ma tu hai sempre le unghie così perfette! Come fai?").

La confidenza sussurrata a bassa voce ("Non l'ho detto a nessuno, ma sto pensando di cambiare lavoro").

Questi sono i tesori che porto a casa ogni sera.

Non sono soldi (anche se quelli servono, eh, non facciamo le sante).

Sono emozioni.

Connessioni.

Pezzi di umanità che si intrecciano con la mia e la arricchiscono.

Quando "solo unghie" non è mai solo unghie

Ogni tanto qualcuno di solito chi non fa questo lavoro dice quella frase che mi fa venire l'orticaria: "Ma sì, tanto sono solo unghie."

Solo unghie.

Come se fosse poco.

Come se non ci fossero ore di studio dietro, pratica, passione.

Come se non ci fosse l'arte di capire esattamente quale forma si adatta a quella mano, quale colore valorizza quella carnagione, quale design rispecchia quella personalità.

Ma soprattutto: come se non ci fosse tutto il resto.

La relazione.

L'ascolto.

La cura.

Il tempo dedicato.

Perché no, non sono "solo" unghie.

Sono gesti di amore verso se stesse.

Sono momenti di pausa.

Sono piccole rivoluzioni quotidiane.

Sono il modo in cui una donna decide di prendersi cura di sé, di dedicarsi del tempo, di sentirsi bella anche solo guardando le proprie mani.

E io, che ho la fortuna di essere parte di questo processo, non mi stanco mai di ripeterlo: il mio lavoro è molto più di ciò che si vede.

È invisibile agli occhi di chi guarda solo il risultato finale, ma è chiarissimo a chi lo vive dall'interno.

Ogni volta che una cliente mi dice "Grazie, mi hai salvato la giornata", io sorrido.

Ma dentro penso: "No, cara.

L'hai salvata anche tu la mia."

La gratitudine come pratica quotidiana

Con il tempo ho imparato a guardare il mio lavoro con occhi diversi.

Non più come una corsa contro il tempo, una lista infinita di appuntamenti da incastrare.

Ma come una serie di incontri preziosi, di scambi energetici, di piccoli miracoli quotidiani.

Ho imparato a essere grata.

Grata per le mani che mi vengono affidate.

Grata per le storie che mi vengono raccontate.

Grata per la fiducia che ogni cliente ripone in me quando si siede e mi dice: "Fai tu, mi fido."

E ho imparato soprattutto questo: che io non curo solo le mani.

Curo anche me stessa.

Ogni volta che scelgo di presentarmi con il sorriso, anche se la giornata è stata dura.

Ogni volta che ascolto davvero, senza giudicare.

Ogni volta che cerco di fare del mio meglio, non per obbligo ma per amore di ciò che faccio.

Le mie clienti mi hanno insegnato la resilienza.

Mi hanno mostrato che si può attraversare tempeste e uscirne intere.

Mi hanno fatto capire che la bellezza non è perfezione, ma cura.

Che prendersi del tempo per sé non è egoismo, ma necessità.

Che a volte basta un rosso ciliegia sulle unghie per sentirsi pronte a riconquistare il mondo.

E io?

Io continuo a fare quello che so fare meglio.

Limare, ricostruire, dipingere. Ma soprattutto: ascoltare, accogliere, esserci.

Conclusione: oltre lo smalto c'è molto di più

Quando torno a casa la sera, svuoto la valigetta, pulisco gli strumenti, riordino gli smalti.

È il mio rituale di chiusura.

Ma prima di spegnere la luce, mi fermo sempre un attimo.

Guardo le mie mani quelle che hanno curato tante altre mani e le ringrazio.

Perché sì, io curo le mani.

Ma loro curano me.

Curano la mia solitudine, quando mi sento sola.

Curano la mia insicurezza, quando dubito di me stessa.

Curano la mia stanchezza, quando penso di non farcela più.

Lo fanno senza saperlo, senza volerlo.

Lo fanno semplicemente essendoci.

Aprendomi la porta.

Offrendomi un caffè.

Raccontandomi una storia.

Fidandosi di me.

Questo lavoro mi ha insegnato che la vera bellezza non sta nella perfezione dello smalto, ma nella connessione che si crea tra due persone.

Che il lusso più grande non è avere unghie impeccabili, ma avere qualcuno che si prende cura di te.

E che io, nel mio piccolo, posso fare la differenza nella giornata di qualcuno.

Ma la cosa più bella? È scoprire che anche loro fanno la differenza nella mia.

Ogni cliente è una piccola terapia.

Ogni mano è una storia.

Ogni appuntamento è un'occasione per ricordare perché ho scelto questo lavoro: non per lo smalto, non per le unghie perfette, ma per tutto ciò che c'è in mezzo.

Per le risate, per le lacrime, per i silenzi confortevoli, per le confidenze sussurrate.

Per quella magia sottile che si crea quando due persone condividono un momento, un tempo, una cura reciproca.

Quindi grazie.

Grazie a tutte le mie clienti, che forse pensano di essere solo "appuntamenti" nella mia agenda, ma che in realtà sono molto di più.

Sono compagne di viaggio.

Sono specchi in cui mi riconosco.

Sono maestre involontarie di vita.

E grazie a questo lavoro, che mi ha insegnato che curare qualcuno è sempre, anche, un modo per curare se stessi.

Perché alla fine, è proprio vero: io curo le mani, ma loro curano me.

Ogni giorno.

Un'unghia alla volta.

Ora, dopo aver consumato un pacco di fazzoletti per scrivere questo articolo, vi saluto e noi ci sentiamo alla prossima.

Con affetto ( e una lima sempre in tasca)

Desy ;)